“Sognare è vivere”, vita di Amos Oz

Nei casi in cui capita di vedere un film ispirato ad un libro, per lo spettatore è naturale e inevitabile stabilire un confronto tra il racconto basato sulle immagini e quello fondato sulla narrazione letteraria. Il film, che ha riaperto il dibattito sulla diversità dei linguaggi della cultura, quello cinematografico e quello letterario, è intitolato “Sognare è vivere” ed è tratto dal libro “Una storia d’amore e di tenebra”, edito dalla Feltrinelli, di cui è autore Amos Oz, una delle grandi figure e personalità della cultura contemporanea. Con questo film l’attrice Natalie Portman ha esordito alla regia.

Il film, in questo simile al libro di Amos Oz, è un’autobiografia, visto che l’io narrante è il piccolo Amos, destinato in futuro a divenire uno dei grandi intellettuali israeliani del nostro tempo. Tutta la prima parte del film, davvero commovente e struggente, mostra quanto profondo fosse il legame affettivo che univa la madre Fania a suo figlio Amos. Fania racconta storie colme di poesia e avventura a suo figlio, infondendogli nell’animo la passione per la letteratura e per la scrittura.

Nella prima parte del racconto, e in questo il film è fedele al libro di Oz, viene mostrata Gerusalemme, prima che fosse fondato lo stato d’Israele, quando ancora la Palestina era soggetta al protettorato esercitato dagli inglesi. Oz vive la prima parte della sua vita in Palestina tra il 1930 e il 1940, e grazie ai racconti della madre, donna lucida e intelligente, apprende la brutalità delle persecuzioni di cui furono vittime in modo ingiusto gli Ebrei in Europa e in Polonia, culminati in molte occasioni nei terribili Pogrom. La mamma di Oz, donna di grande cultura, con i suoi racconti plasma e forgia il carattere e la mente di suo figlio, facendogli capire quanto importante sia il sogno, perseguito dai pionieri e dai sionisti, di dare vita ad una nazione in cui il popolo ebraico possa vivere in condizioni di sicurezza e libertà.

Una delle scene più belle del libro rappresenta alcuni ebrei che, riuniti intorno ad una radio, ascoltano in preda al tripudio e alla gioia la notizia che le nazioni unite, nel 1948, dopo la fine del protettorato britannico, hanno con una risoluzione stabilito che in Palestina devono nascere e sorgere due stati separati e indipendenti, quello degli ebrei e quello dei palestinesi. Nel film il padre del piccolo Amos, il cui nome è Arieh appare come un mite intellettuale, un uomo di grande cultura dal carattere mite e dolce, che vive proseguendo i suoi studi e preoccupandosi di pubblicare i libri che scrive.

Nella fase della sua adolescenza, Amos assiste ad una svolta drammatica nella sua famiglia. La madre, dopo essere precipitata nell’abisso della disperazione e di un dolore irredimibile, cessa di raccontargli le storie e si rinchiude in un mutismo angosciante. Questa parte del film è drammatica ma anche molto intensa, poiché rivela la grande intelligenza del piccolo Amos, il quale comprende che all’origine della disperazione e della depressione di sua madre vi è una grande delusione. Infatti l’io narrante nel film dichiara che la promessa di felicità di sua madre era stata calpestata e offesa.

L’immagine di sua madre che in una giornata di pioggia, insensibile a quanto accade intorno a lei, rimane per ore sotto l’acqua, che cade sulla città di Gerusalemme in modo incessante e furioso, fino a quando Amos non rientra da scuola e con una coperta la ricopre, persuadendola a tornare nella loro casa, è dal punto di vista cinematografico indimenticabile e commovente. Fania abbandona la sua casa, si separa da suo marito e da suo figlio Amos e si reca dai suoi familiare, nel vano tentativo di ritrovare l’equilibrio mentale e la serenità perduta.

Nel film, che per alcuni critici è molto frammentato e nella seconda parte perde il ritmo incalzante che è presente all’inizio della rappresentazione, mentre si svolgono i dialoghi tra i suoi protagonisti risuonano le esplosioni delle armi, fatto che simbolicamente mostra il carattere perenne e perpetuo del conflitto che oppone gli ebrei ai palestinesi.

A questo proposito l’io narrante, per spiegare la natura del conflitto che vede contrapposti in Palestina gli ebrei agli arabi da decenni, sviluppa una riflessione storica di enorme valore politico. I peggiori conflitti, in base alle convinzioni maturate da Amos Oz nella sua vita di scrittore, intellettuale e studioso, si scatenano tra i popoli che nella storia sono rimasti vittime di ingiustizie dolorose e terribili. Infatti gli ebrei hanno dovuto subire per secoli, a causa dell’antigiudaismo cristiano e dell’antisemitismo ideologico, l’odio e le persecuzioni in Europa e nel mondo, mentre gli arabi, qualsiasi fosse il Paese in cui vissero, si sono trovati esposti alla oppressione insostenibile del colonialismo di cui sono responsabili gli europei. Questo film, delicato e dalla fotografia perfetta, merita di essere visto.

Aggiornato il 31 luglio 2017 alle ore 11:21