“Lady Macbeth”, film magnetico

giovedì 8 giugno 2017


A ognuno la sua Lady Macbeth! Quella del regista William Oldroyd e della sceneggiatrice Alice Birch sarà nelle sale italiane dal 15 giugno. L’opera, in realtà, si ispira liberamente (il finale è capovolto, tanto per intenderci) al racconto di Nikolai Leskov, “Lady Macbeth of the Mtsensk District”, da cui è stato tratto nel 1962 un film russo dal titolo “Lady Macbeth in Siberia”. Il testo di Leskov ha, tra l’altro, ispirato il balletto sinfonico omonimo di Dimitri Shostakovich, “Ledi Makbet Mcenskogo uezda” (dedicato dal grande compositore russo alla sua prima moglie, il fisico Nina Varzar), poi censurato da Stalin in persona e andato in scena una tantum a Leningrado nel gennaio 1934. Diciamo subito che la trasposizione della direzione artistica dal teatro al cinema (Oldroyd è innanzitutto un regista della prima specie) ha effetti dirompenti nelle inquadrature, nella restituzione delle atmosfere intime e nella delicata ricostruzione delle strutture di ambience. Da quest’ultimo osservatorio il riferimento è ai paradigmi della noia, della monotonia, del più gretto e feroce provincialismo, quello dei segreti impronunciabili, in cui i vizi dei padroni sono ben noti alla servitù complice, che ne accetta come parola divina le punizioni e gli ordini contro natura (camminare a quattro zampe; mettersi con la faccia al muro e tacere; prendere bastonate fino a svenire; essere imprigionati; dormire in terra come i maiali..).

La Lady di provincia, Katherine, comprata dal suocero per il figlio come si fa con una qualsiasi scrofa, è una strepitosa Florence Pugh, mentre Sebastian, il suo stallone-stalliere (sic!) è interpretato da un perfetto Cosmo Jarvis. Altrettanto “nature” circonflessi nei loro caratteri torvi e disgustosi sono il suocero di Katerin, Boris (Christopher Fairbank), e il marito di 20 anni più vecchio di lei, Alexander (Paul Hilton). Chiude il cast di primissimo piano la cameriera Anna, magistralmente interpretata da Naomi Ackie. Il mantello di natura selvaggia e incontaminata su cui poggiano le prospettive con i rispettivi punti di fuga esterni è rappresentato dal “moorland” (ben presente in altri famosi racconti come “Il mastino dei Baskerville”, “Cime tempestose”, “Orgoglio e pregiudizio”, “Jane Eyre”), ovvero dalla brughiera, con i suoi boschi incontaminati, gli spazi aperti di rocce e rovi colorati, i ruscelli pietrosi e impetuosi. Un ampio ventre verde che riceve come una foce le pulsioni irrequiete della diciottenne Katherine, sia quando procede nelle sue nevrotiche passeggiate lungo i sentieri ventosi, incurante del freddo; sia quando seppellisce con il suo complice carcasse e salme, facendole digerire da quella terra fertile e boscata, dalla quale vengono i funghi buoni da mangiare, o quelli adatti a uccidere nel piacere del gusto la vittima ignara, lasciandola a rantolare fuori dalla porta della sala da pranzo, con una volgare sedia a bloccare la maniglia della salvezza.

Perché Lady Macbeth (in questo caso, del distretto di Durham nella contea di Northumberland, dove è stato effettivamente girato il film) è troppo giovane e non possiede il bene del tempo che passa: il suo ventre è fatto per procreare e il suo corpo giovane per essere amato, mentre un marito odioso e sprezzante non sa che farne di lei. Lui che non consuma mai le nozze e preferisce masturbarsi mentre lei, intimata “faccia al muro”, gli volta nuda le spalle. Lui, il perverso, che ha una relazione extraconiugale antica con una donna di colore dalla quale ha avuto un figlio maschio che, dopo la sua morte violenta per mano di Katherine e di Sebastian, si presenta come nuovo, minuscolo padrone con i documenti a posto, scortato da una teutonica tutrice “coloured”. Figlio illegittimo ma legittimato dalle carte e concepito per grossolana vendetta contro un padre-padrone, Boris, ricco proprietario terriero e minerario. Così, l’amore che nulla perdona (una volta impetuosamente e violentemente sbocciato, approfittando di una lunga assenza di Alexander, richiamato molto lontano da un’esplosione in miniera) naviga leggero lungo la sua scia di sangue, veleggiando dal parricidio, all’uxoricidio e all’infanticidio per cancellare con l’arbitrio l’orrida ingiustizia patita. Così, la povera Anna diventa definitivamente muta per il senso di una colpa non sua e viene cinicamente sacrificata assieme a Sebastian da una Katherine “pregnant”, che rimarrà definitivamente sola con i suoi irriducibili fantasmi, aspettando il suo Godot in fasce.

Film praticamente perfetto e decisamente sconvolgente.


di Maurizio Bonanni