martedì 30 maggio 2017
Come ogni anno, per alcune settimane Pesaro diventa la Bayreuth sull’Adriatico. Il Rossini Opera Festival (Rof) è un magnete che attrae amanti della musica da tutto il mondo. La biglietteria è aperta da tempo e già adesso il Festival dura, quest’anno, dal 10 al 22 agosto. Come sempre il Festival presenta tre opere, ciascuna replicata quattro volte), concerti di bel canto, un’edizione inossidabile de Il Viaggio a Reims con cantanti dell’Accademia Rossiniana e, a conclusione, lo Stabat Mater in edizione di gran lusso. Il trittico delle tre opere (andando pochi giorni a Pesaro si possono gustare tutte e tre, una sera dopo l’altra) è quest’anno composto da Le Siège de Corinthe. La Pietra del Paragone e Torvaldo e Dorliska. Dei tre titoli solo il terzo può essere considerato raro, ma anche i primi due non sono di frequente sui nostri palcoscenici. Cast, bacchette e regie sempre di primo livello. Grazie al Rof, le opere di Rossini, sparite (tranne pochi titoli) dalle programmazioni dei teatri d’opera, sono tornate di moda, anzi di gran moda.
Rossini fu un compositore e di un intellettuale che si mise in pensione a trentasette anni e passò circa metà nella sua vita all’estero durante quello che potrebbe essere chiamato “il secolo lungo” - il lasso di tempo che va dalla rivoluzione francese alla prima guerra mondiale. Rossini nacque nel 1792 quando in Francia la rivoluzione era già in atto (anzi si stava avvicinando Termidoro e la fine del Terrore) e morì nel 1868 (decenni prima dei colpi di pistola a Sarajevo) ma quando già si stava entrando nella fase dell’industrializzazione trionfante, stava nascendo la prima globalizzazione (1870-1910), si stavano completando le unificazioni nazionali di Germania ed Italia, e due Imperi multinazionali (quello ottomano e la duplice monarchia austro-ungarica) stavano scricchiolando.
Sul compositore, la sua vita e le sue opere esiste una bibliografia immensa, anche e soprattutto grazie, negli ultimi trentasette anni, all’attività della Fondazione Rossini e del Rof. Numerosissime le biografie. Un suo biografo, ad esempio, fu il suo contemporaneo, Stendhal, il quale assistette a rappresentazioni di numerose sue opere (anche prime esecuzioni assolute) ed era affascinato dalla sua musica. In tempi più recenti , ma quando poche opere di Rossini erano rimaste in repertorio, Giuseppe Radiciotti pubblicò un lavoro monumentale in tre volumi sul compositore. Durante la seconda guerra mondiale, per i tipi della Utet e nella collana I Grandi Italiani diretta da Luigi Federzoni, fu uno dei maggiori romanzieri e drammaturghi dell’epoca, Riccardo Bacchelli, a narrare la vita di Rossini. In tempi più recenti c’è stata una ricca fioritura americana sulle orme di Philip Gossett e della sua scuola. Svela lati nuovi il volume del 2009 su Rossini, l’uomo, la musica di Giovanni Carli Ballola. Fondamentali, i due volumi di Sergio Ragni Isabella Colbran – Isabella Rossini che riguardano unicamente un aspetto della vita del compositore (la sua relazione con Isabella Colbran, che divenne la sua prima moglie), ma includono un vastissimo materiale d’archivio, altrimenti di difficile reperimento (epistolari, articoli di giornale), che aiuta a comprendere “l’uomo” Rossini.
Il Rof è una vera eccezione nel mondo culturale italiano: non solo perché, lavorando d’intesa con la Fondazione Rossini, ha riscoperto tante opere dimenticate (quasi tutto le opere serie e semiserie) nonché alcuni capolavori considerati perduti (come Il viaggio a Reims), ma in quanto “rende” all’Italia sotto il profilo finanziario ed economico ed è un ottimo esempio di collaborazione fra pubblico e privato. Non ha mai chiuso un bilancio in passivo e ha dato un contributo importante alla comunità territoriale in quel lembo che tocca Marche e Romagna e all’Italia, pur essendo nato come una piccola iniziativa finanziata principalmente da enti e imprese a livello locale.
Gli effetti economici del Rof sulle attività produttive del litorale adriatico negli anni di recessione, si sono avvertiti in positivo in maniera significativa, malgrado l’area abbia avuto una perdita di attività a ragione specificatamente della crisi della Banca Marche e delle difficoltà di imprese industriali come la Berloni e la Indesit. Dai bilanci civilistici e dai bilanci sociali nonché da uno studio degli impatti del Rof effettuato dall’Università di Urbino emergono questi aspetti salienti: A) nel periodo del festival, il fatturato del settore dei servizi di Pesaro aumenta di 11 milioni di euro. In sintesi, contando l’indotto, un euro di contributo pubblico (al netto dei rientri diretti agli enti previdenziali e all’erario) ne genera sette di valore aggiunto a Pesaro e al suo hinterland; B) nell’arco degli ultimi otto anni i costi complessivi della manifestazione sono diminuiti del 25 per cento (da 6,6 a 5 milioni di euro) e il numero di dipendenti fissi è restato costante a 12 unità (gli addetti raggiungono i 235 circa nelle settimane del festival). Dei 5 milioni circa di spese, gli oneri sociali (versati a Enpals, Inps, ecc.) e le imposte – in breve, il “rientro diretto all’erario” – ammontano a circa 600 milioni; C) la biglietteria porta incassi per un milione circa di euro (non ne può portare di più a ragione della capacità fisica dei teatri); due terzi degli spettatori sono stranieri molto fidelizzati. Gli sponsor privati – imprese, banche, fondazioni – contribuiscono per circa un milione di euro l’anno. Il resto proviene da enti pubblici e (Stato, Regione, Comune), da coproduzioni e da vendite di allestimenti.
Inoltre, il Rof è l’unico festival italiano che dal 2016 ha dato impulso a: Rossini in Wildbad (Belcanto Opera Festival), un festival di musica lirica che si tiene in estate a Bad Wilbad, una stazione termale tedesca nella Foresta Nera, dove nel 1856 Rossini ha trascorso un periodo di riposo. Rossini in Wildbad ed il Rof hanno ciascuno la propria programmazione, collaborano tra di loro, Invece, lo Spoleto Festival Usa, a Charleston South Carolina, creato da Giancarlo Menotti nel 1977, dal 1993 non ha più alcun rapporto con il Festival dei Due Mondi che si svolge nella città umbra.
di Giuseppe Pennisi