La felicità non costa “Quasi niente”

Cos’è che conta nella vita? I sogni, soprattutto i sogni. Quegli oggetti mentali, cioè, che danno anima all’impossibile, come essere dei pesci che sanno volare. Per l’editore “Chiarelettere”, due amici di sempre, Mauro Corona e Luigi Maieron, nel libro-intervista “Quasi niente”, s’interrogano e rievocano a vicenda episodi effettivamente vissuti o tramandati a voce, che lasciano un solco profondo di sofferenza inquieta e insanabile inciso sulle orme malate e gelatinose di questo nostro urbanesimo terrificante.

Nel loro racconto, come in un corpo arterioso fatto di sangue e vino (in dosi impari, a favore del secondo), affiora e tracima, inondando di saggezza questo nostro terreno arido di aspettative e di creatività, la vena aperta di grandissima umanità e drammaticità che contraddistingue le opere, le relazioni e le azioni di quella loro gente dura di montagna, capace di imprese straordinarie ma silenti, e dotata di una resistenza straordinaria alle avversità della natura. Piccole donne e uomini capaci di navigare controcorrente sfidando le tradizioni e la condanna del conformismo insolente. Anche perché, chi in montagna non rispetta le regole rischia di non tornare più a casa.

Le parole sono sempre musicali, capaci di illustrare i gironi danteschi del vissuto quotidiano con i colori e i tratti di lucida follia di Van Gogh. Lui valligiano, loro che marciano molto più su, dove ogni passo si muove lungo una sottile lamina di erba, vento e roccia in compagnia di una solitudine e di un silenzio più cari delle pietre preziose o di un’abbondanza lontana e irraggiungibile. Perché da certe parti si è poveri davvero. E si conoscono solo padri-padroni, grandi bevitori e picchiatori severi di figli e mogli. Un destino che non ti abbandona e non ti lascia mai. Che ti porti dietro come la gerla del pane per tutta la tua vita. Verso la fine della quale apprendi che essere grandi vuol dire avere la capacità di scomparire, di abbandonare la prima fila, perché tutti i beni materiali, i colori del pavone nel fare la ruota e nell’esibirsi sono, in realtà, “Quasi niente”. Un libro che riesce ad incontrare l’Altro da Sé come forse nessuna altra opera al mondo, insegnandoci che il desiderio più grande è proprio non avere desideri!

Sono gli incontri che trasformano e plasmano gli individui. Soprattutto quelli con figure femminili, forti e incrollabili come la montagna stessa. Perché, in fondo, accade solo ciò che può accadere. Come la storia antica di Anna, moglie di un lavoratore stagionale che la lasciava sola per lunghi mesi ad allevare figli e mandare avanti la casa con quel pochissimo che riusciva a mandare: “Un pane amaro, duro da masticare”. Ma la lontananza crea infedeltà: così, Nel, il marito, viveva con un’altra donna oltre frontiera. Anna lo scopre e attraversa la montagna e i boschi a piedi, nel gelo e nella neve camminando per molte ore. Per poi vederli assieme, bussare alla loro porta e sentirsi brutalmente ricacciata indietro, perché la volontà del padre-padrone non si discute mai, nemmeno a quelle condizioni. “Prima di ripartire, Anna si prese solo il tempo di sfilarsi la fede. La fece cadere sopra il letto e se ne andò”. E l’atto di eroismo di Anna sta in quel suo semplice gesto di obbedienza, che le costerà la vita al ritorno. Perché ai maschi, soprattutto, viene negata la capacità di mediare, di dare un senso alla sconfitta, che diviene sempre intollerabile, insopportabile anziché uno stimolo alla rinascita e alla riconquista del terreno perduto. Diversamente dalla donna, che invece sa accoglierla perché vive di amore e nell’amore. I santi non debbono stare in cielo, essere irraggiungibili, ci dice Corona. Bisogna riportarli “sulla terra, tra noi, fare in modo che siano persone a portata di mano perché così possiamo imitarle”.

Il libro è soprattutto un albero della vita che ha le sue radici nelle parole, che sono la vera ricchezza compiuta di tutta l’umanità. Perché “La vita è il romanzo di ognuno di noi, che si muove tra i due estremi della nascita e della morte”. Nel fluire delle esistenze non esistono fallimenti, ma solo “accadimenti esistenziali”. Una lettura meravigliosa di pace e di temperanza, permeata di ragionamenti e di filosofia dell’immanente, dove il Tutto coincide con il bisogno immateriale della pienezza spirituale e della pace con se stessi, perché il resto, il risultato ultimo della vita materiale, è “Quasi niente”.

 

Aggiornato il 08 novembre 2017 alle ore 18:28