La ricerca del Mit: estrarre acqua dall’aria

Il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità parla chiaro: al mondo ci sono circa due miliardi di persone a cui viene negato l’accesso a fonti di acqua potabile e quasi altrettante quelle che, utilizzando acqua contaminata, vanno incontro a colera, dissenteria ma anche, in 500mila casi l’anno, alla morte.

A dare una valida speranza a questa enorme porzione di mondo, un dispositivo nato dalla collaborazione tra il Massachusetts Institute of Technolgy (Mit) e la University of California, grazie al quale, estraendo acqua potabile dall’aria, sarebbe possibile portare l’oro blu nelle zone più povere della Terra. Secondo quanto riportato dalla rivista “Science”, lo strumento non sfrutterebbe alcun tipo di energia se non quella solare e sarebbe efficace anche in zone molto aride in cui il livello di umidità non supera il 20 per cento.

A fare la fortuna dell’esperimento un materiale organico e metallico detto Mofs (Metal organic frameworks), creato dal chimico statunitense Omar Yaghi più di vent’anni fa e in grado di catturare sia gas che liquidi. Per permettere di estrarre l’acqua dall’aria, i ricercatori avrebbero costruito un Mofs composto da zirconio e acido adipico in grado di trattenere vapore acqueo. A quel punto il dispositivo utilizzerebbe la luce del sole per separare le molecole di vapore e immagazzinare l’acqua raccolta facendola finire in uno specifico collettore.

Se ad oggi vari centri di ricerca avevano prodotto Mofs in grado di catturare anidride carbonica, idrogeno e anche metano, il nuovo studio ha permesso, con un solo chilo di Mofs, di estrarre circa tre litri di acqua in dodici ore in luoghi dove il livello di umidità non va oltre il 30 per cento. Si tratterebbe, come afferma uno dei ricercatori, di “un passo in avanti importante per ottenere acqua dall’aria anche a bassa umidità, come fosse un normale deumidificatore, del tipo di quelli che abbiamo in casa, anche se questi in effetti producono poca acqua a caro prezzo”. L’obiettivo del team di ricerca è ora quello di sviluppare materiali ancor più performanti capaci di realizzare una raccolta di acqua potabile su più larga scala, ma soprattutto studiare un modo per rendere il dispositivo accessibile a tutti. “Al momento - ha spiegato Evelyn Wang, ingegnere meccanico del Mit - in laboratorio questa tecnologia è molto costosa. L’obiettivo è quello di renderla accessibile alle zone in via di sviluppo”.

L’augurio, come del resto sperano i ricercatori, è che con pochi ulteriori aggiustamenti il dispositivo possa estrarre dall’aria facilmente acqua potabile in quantità sufficiente per disinnescare un’emergenza che causa centinaia di migliaia di morti ogni anno.

Aggiornato il 08 novembre 2017 alle ore 13:40