La Spanò dà voce a Laura Fermi

L’atomo per nemico! Impalpabile stato d’animo di chi come me, un ex fisico-matematico, si vede d’un tratto confrontato con una robusta, motivata etica dell’anti-numero, del calcolo contro l’affettività matura e materna. Malgrado io sappia bene, per antica e consolidata tradizione, come dio scriva le sue leggi di natura utilizzando l’esclusivo linguaggio della matematica. Ma so bene, anche, per esperienza di vita, che l’uomo (e la donna) seguono fino in fondo, nei loro stati d’animo, il Principio di indeterminazione di Heisenberg. Quello cioè in cui si dimostra che non v’è più alcuna certezza umana, alcuna presunzione di onniscienza, rappresentazione e dimostrazione delle presunte cause degli eventi, al di sotto di una soglia assolutamente magica rappresentata da un cubo che ha per lato la costante di Plank! Ecco, è così che mi è sembrato leggere lo sconcertante (per molti versi) monologo di Cinzia Spanò ne “La moglie”, pièce teatrale in scena al Teatro “Brancaccino” fino a domani.

Ma chi è lei? Da subito capiamo che è ebrea, moglie del più famoso e geniale fisico italiano della prima metà del secolo scorso, insignito del premio Nobel per la Fisica e ripudiato dal fascismo, per non essersi adeguato ai riti di regime e, per di più, aver violato le leggi della razza accoppiandosi con una nemica della stirpe ariana. Enrico che ha ancora un altra “erre” nel suo cognome. Una fuga da Stoccolma verso l’America dell’X-Ray cosmico, quell’infausta località segreta di Palo Alto in cui un gruppo geniale dei migliori fisici e matematici del mondo accenderà, a metà del XX secolo, la candela nucleare senza però sapere bene come spegnerla.

La bellissima ed entusiasmante recitazione della Spanò popola un palcoscenico assolutamente vuoto con le sue tante figure ora marginali, ora di fondamentale importanza, reificate nella nostra mente a partire dal racconto immaginifico della sua voce narrante, in cui risaltano in bella mostra i loro profili tratti da attente letture autobiografiche. Luoghi descritti nel pieno della loro funzionalità drammatica e perfettamente anonima: il misterioso laboratorio dell’Area Y, i compound baraccati di lusso destinati ai familiari degli scienziati. Ma soprattutto a colpirci è il rapporto affettivo, intenso e profondo, tra il genio e la sua moglie, laureata in Lettere, compagna di studi e di vita. Lei che ci introduce a questo fidanzamento (e poi matrimonio) quasi senza natura, talmente distanti erano gli interessi per la vita, le cose e le persone dei due futuri coniugi.

Eppure, dalla magia delle parole, dalla descrizione puntuale delle situazioni, degli ambienti austeri e spartani della casa americana riservata a Enrico Fermi e sua moglie, Laura Capon, emerge in tutto il suo peso insopportabile la violazione e l’offesa imperdonabile all’ordine dell’Universo, che uomini determinati, dotati per i loro studi ed esperimenti di ricchezze immense, faranno alla vita e al mondo intero accendendo in terra quel loro infausto sogno dei “mille soli” avvelenati, annunciati dalla loro luce sinistra e bluastra e al cui passaggio nulla resisterà, vetrificato e metabolizzato nel nulla del vento radioattivo. E la Spanò dà voce, pianto e meraviglia costernata alla sua Laura, che vive i due anni passati a Los Alamos sconsolatamente immersa nel chiacchiericcio salottiero delle mogli degli scienziati, come suo marito, come quello della sua amica pittrice: colei che le indicherà il delitto, i complici e i mandanti.

Eppure Laura non abbandonerà mai colui che tutto ha reso possibile, l’autore dell’olocausto nucleare, che in un attimo ha creato l’assoluto terrore dell’autodistruzione di questa Terra da parte della nostra specie, malgrado sapesse leggere tutta la potenza delle stelle e ne conoscesse bene l’immensa forza che emana dalle lingue di fuoco, lunghe centinaia di migliaia di chilometri che emergono dall’interno di un naturalissimo reattore nucleare a fusione, come quello del Sole. Piangerà, si dispererà Laura, dopo aver scoperto l’archivio segreto del gabinetto medico dell’Area Y, in cui erano conservate tracce e testimonianze di orribili morti di scienziati, avvenute per l’irraggiamento di mostruose radiazioni nucleari che si svilupparono all’interno della prima pila di Fermi, devastando il corpo di chi ne era stato esposto. Dopo “Enola Gay” e “Little boy” saranno centinaia di migliaia le creature umane a subire la stessa sorte.

Spettacolo da non perdere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:22