“Rosso Istanbul”, Özpetek torna a casa

Dal libro al film. Stesso autore, stessi paesaggi del Bosforo e dei suoi ponti tra i due continenti. Ma molto è cambiato sotto il cielo “Rosso Istanbul” (nelle sale dal 2 marzo). Nel film c’è una ricerca più raffinata e matura a proposito del concetto di “doppio”. Contrariamente al passato, Ferzan Özpetek gioca con delicatezza sulla corda tesa e provocatoria degli amori diversi, miscelando (un po’ come nelle “Fate ignoranti”) la sfera eterosessuale, che è stata anche la sua per qualche breve istante di indeterminazione, con una passione piena di dramma per il suo antico amore Yusuf, artista bello e maledetto che consuma negli eccessi la sua giovane vita. Il discorso del doppio ozpetekiano segue un suo preciso disegno, in cui lo sfondo rimane sempre incerto, confuso e ambiguo malgrado i suoi volumi (gli spazi urbani onnipresenti, i mille tentacoli di un’edilizia rapace che conquista il cielo per scarsità di terra) e le sue precise sequenze spazio-temporali sui quali si annoda l’ordito del racconto. Prevale il non detto degli sguardi nei contenuti espressivi dei primi piani, con tutti i loro recessi mentali, più o meno impliciti, di ordine psicologico, comportamentale, relazionale e, apparentemente (visti i tratti decisamente autobiografici), rievocativi del vissuto reale.

La coppia duale è costituita da due soggetti con grandi affinità spirituali e artistiche. Due scrittori, in particolare. Orhan Sahin e Deniz Soysal, quest’ultimo noto per le sue regie cinematografiche e che ha richiamato in Turchia (in qualità di editor per il suo nuovo libro) proprio Orhan, che ha dalla sua soltanto un grande successo letterario e un immenso dramma da narrare che ho lo ha visto fuggiasco a Londra dopo che la sua giovane famiglia è stata distrutta da una tremenda storia di alcool e follia.

Deniz e il suo doppio appaiono assieme solo all’inizio, per il passaggio simbolico delle consegne, in pendenza dell’ultimazione dell’opera letteraria del primo, che aprirà all’amico le porte della sua casa sul Bosforo accomodandolo al centro degli affetti di tutta la sua vita: sua madre, le zie, la straordinaria governante dalla comicità storico-tragica e, infine, la sua stanza d’artista tormentato, tempestata di ricordi dell’amore perduto: Yusuf. Poi, la bellissima Neval, la restauratrice raffinata di opere d’arte e pitture murali, il vero pivot del racconto, il centro mai deludente degli affetti, il tramite tra due mondi del sesso e dei sentimenti, colei che congiunge il femminile al maschile e lo rende ovvio, naturale, come un ermafrodito freudiano.

Deniz, dopo una notte di grandi bevute con Orhan scompare senza mai più riapparire. Inghiottito misteriosamente nelle acque del Bosforo. Là dove lo chiamava nella prima adolescenza a bagnarsi e gareggiare proprio Yusuf che nel libro muore suicida ma che, in realtà, appare ben vivo di spalle nell’ultima scena in cui i due volti del doppio sono ancora giustapposti tra di loro. Ma è Deniz che vuole definitivamente separarli, lasciando che a rimanere sia l’Altro da sé, per divenire ciò che l’autore non è mai riuscito a essere, colui che non è mai esistito, vuoi soprattutto per mancanza di coraggio nelle scelte, vuoi per quel delirio di onnipotenza che contraddistingue gli scrittori di dettare dispoticamente il destino dei loro personaggi. Ed è così che il romanzo si fa verità: Yusuf compie la sua parabola di discesa agli inferi abbandonandosi suicida alle acque fredde del Bosforo che lo aveva visto così tante volte vincitore. Mentre Orhan, l’eterno fuggitivo, accetta l’abbraccio e il calore materno dell’anziana e affascinante madre di Deniz, ritrovando la sua unica sorella da sempre abbandonata per la sua solita, assillante mancanza di coraggio di esistere.

Neval sarà la magia che tutto accende di colori vivi, tenaci e caldi, là dove c’era solo il gelo della propria condizione senza lacrime, dei singhiozzi semplicemente repressi che esplodono improvvisi nel buio di una stanza sconosciuta e pur profondamente vissuta interiormente. Neval, colei che guida la resurrezione e, in extremis, si sottrae all’amore nuovo. Pochi fotogrammi decretano il definitivo annullarsi del doppio, quando un cameriere lascia per qualche attimo incustodita la penna del conto incatenando alle sue infinite potenziali capacità espressive la mente di Orhan che, da quel momento, assimilerà e interiorizzerà Deniz scrivendo con la sua testa e il suo terzo occhio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:31