Rivoluzione d’ottobre: centenario in musica

martedì 14 marzo 2017


Quest’anno ricorre il centenario della Rivoluzione d’ottobre. È quindi naturale che teatri e sale da concerto commemorino l’evento per il suo impatto sulla musica e sul teatro in musica. Le celebrazioni iniziano questo pomeriggio (alle 17,30) all’Istituzione universitaria dei concerti dell’Università “La Sapienza” di Roma (Iuc) con un concerto di Yuri Abramovich Bashmet, il più illustre virtuoso di viola dei nostri giorni, e “I Solisti di Mosca”, la straordinaria orchestra da camera da lui fondata e diretta. Si deve lodare la Iuc per aver optato non per una celebrazione retorica ma con un panorama su quattro dei più importanti compositori del periodo sovietico, che spesso si trovarono in aperto contrasto con il regime e per questo subirono discriminazioni e corsero non pochi rischi. Sono ovviamente Sergej Prokof’ev, Dmitrij Šostakovič e inoltre Georgij Sviridov e Alfred Schnittke.

Prima di andare al concerto di questa sera, occorre ricordare che il periodo sovietico fu particolarmente fecondo sotto il profilo musicale in quanto teatro in musica, concertistica e balletto mantennero quel carattere di informazione, di comunicazione e di espressione popolare che altrove venivano soppiantati dal cinematografo e, dopo la Seconda guerra mondiale, dalla televisione. Non c’è una Repubblica dell’Urss che non abbia un suo teatro di opera e balletto e una sua sala da concerto. Dove non c’erano ai tempi dell’Impero zarista vennero costruiti ex novo: ad esempio, nel 1933 sorgono quelli della Bielorussia, dell’Uzbekistan e del Kazakistan, nel 1938 quello della Baschiria, nel 1939 quello della Tatarstan, nel 1941 (ossia in pieno sforzo bellico) quello del Turkmenistan, nel 1942 quello del Kirghizistan. E via discorrendo. Un’attività gigantesca a cui si accompagna una vera e propria febbre di nuove composizioni. Tra il 1939 e il 1945 vengono rappresentate, in prima mondiale, quarantasei opere e ventidue balletti. Tra il 1948 e il 1957 addirittura centoventi opere, cinquantacinque balletti e settanta commedie musicali. Soltanto dagli anni Settanta il ritmo ha iniziato a flettere. Un fervore analogo c’è per la concertistica.

Si tratta di musica poco conosciuta in Europa occidentale. Solo una parte, non molto grande, segue i canoni del “Realismo socialista” imperante a Mosca. Si possono distinguere due vasti generi: i lavori “tradizionali” basati su stilemi essenzialmente internazionali e quelli “nazionali” basati invece su caratteristiche musicali delle singole Repubbliche. C’è anche innovazione, soprattutto nei primi anni, più a Leningrado che a Mosca. Pochi ricordano ad esempio che Šostakovič fu un grandissimo compositore di jazz e che a Prokof’ev si debbono lavori a carattere futurista.

Ma andiamo al concerto che, per così dire, apre le danze. Le musiche scelte da Bashmet non accettano i dettami del realismo socialista. Le “Visions fugitives op. 22” di Sergej Prokof’ev (eseguite nella versione per strumenti ad arco di Rudolf Barshai) furono scritte tra il 1915 e il 1917, quindi ancora prima della Rivoluzione d’ottobre.

Non è certamente un’opera celebrativa della Rivoluzione anche la “Sinfonia da cameraop. 110 a” di Dmitrij Šostakovič, che è la trascrizione per piccola orchestra del Quartetto n. 8, dedicato “alle vittime del fascismo e della guerra”, non alle vittime di una parte sola, ma a tutte le vittime, come chiariscono queste parole del compositore: “Provo eterno dolore per coloro che furono uccisi da Hitler, ma non sono meno turbato nei confronti di chi morì su comando di Stalin”.

Risale ai tragici anni in cui in Europa infuriava la guerra anche la Sinfonia da camera op. 14, scritta nel 1940 da Georgij Sviridov, allora appena venticinquenne. Non è certamente un’opera “di regime” nemmeno il Concerto “For Three” di Alfred Schnittke, scritto nel 1994 per Bashmet e per due altri grandi strumentisti, Gidon Kremer e Mstislav Rostropovich, che vivevano in esilio come il compositore stesso. In questa occasione i solisti saranno Andrei Poskrobko al violino, lo stesso Yuri Bashmet alla viola e Alexey Naidenov al violoncello. Completa il programma la prima esecuzione a Roma di “Preludio, Presto e Lamento” di Silvia Colasanti, compositrice tra le più affermate in campo internazionale, che lo ha dedicato a Bashmet e ai “Solisti di Mosca”.

Tra qualche mese, al Ravenna Festival, ci sarà un programma molto corposo in quanto la Rivoluzione del 1917 è uno dei temi della manifestazione. Tra le chicche la più importante opera “rivoluzionaria” e “futurista” Vittoria sul sole (1913) di Mihail V. Matjušin con scene e costumi ricostruiti sugli originali Kazimir S. Malevič, in collaborazione con il Museo Russo di San Pietroburgo. Al futurismo, viene giustapposto un concerto di musica sacra eseguito dal Coro del Patriarcato di Mosca. Inoltre, “Cuneo Rosso” ci porta al virtuosismo pianistico degli anni della Rivoluzione e Yuri Temirkanov e Denis Matsuev, con l’orchestra filarmonica di San Pietroburgo, eseguiranno il Concerto per Piano Tromba e Orchestra n. 1 e la Sinfonia n. 7 “Leningrado” di Dmitrij Šostakovič.


di Giuseppe Pennisi