“Carrozzeria Orfeo”, l’intervista a Di Luca

sabato 14 gennaio 2017


La “Carrozzeria Orfeo”, con i suoi personaggi caustici, ironici e provocatori è tornata a Roma, al Piccolo Eliseo, con “Animali da bar”. Uno spettacolo divertente, pungente anche se con un retrogusto amaro e infinitamente reale. Per saperne di più abbiamo sentito Gabriele Di Luca, classe 1981, drammaturgo, attore e co-regista insieme a Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi nonché fondatore, insieme a Setti e a Luisa Supino della compagnia.

Come è nato il nome “Carrozzeria Orfeo”?

Quando siamo usciti dall’Accademia Nico Pepe di Udine nel 2008 ci siamo resi conto che il nostro teatro voleva essere un teatro contemporaneo, ben lontano dalla tradizione classica e pertanto finiva per essere più vicino all’artigianato che all’arte. Senza finanziamenti, senza nessun aiuto abbiamo iniziato con un furgone. Per questo ci sentivamo molto vicini ad una carrozzeria. E ci serviva un nome che nascesse da una forte contrapposizione, la concretezza di una carrozzeria e un simbolo dell’arte. La fatica del mestiere, il sacrificio e la manualità dell’artigiano, e allo stesso tempo l’arte e la volontà di vivere un’esperienza onirica. E quindi Orfeo, che in qualche modo rappresenta il viaggio dello spettatore nel teatro, un viaggio che accompagna e conduce lo spettatore dal buio alla luce.

Com’è nato questo nuovo spettacolo, cosa rappresenta il bar?

Il bar è un luogo di aggregazione per eccellenza nel mondo occidentale, racchiude in sé al contempo un interno e un esterno con quella porta che si apre e chiude in continuazione, quasi fosse un saloon. Il bar finisce per essere un crocevia di esseri umani, di diversa provenienza ed estrazione. Nel bar entrano alcune storie e ne escono altre. È quasi un luogo di redenzione e di “perdono”, soprattutto maschile. Raccoglie racconti di sessualità, lavoro, potere. Nel nostro bar ci sono cinque personaggi, ciascuno con la propria storia.

Quanto è difficile vivere oggi lavorando nel settore artistico?

È difficile, anche perché è un lavoro che richiede un rinnovamento continuo, prevede un’ansia da prestazione che con il tempo si trasforma in uno stimolo positivo, ma che comunque rimane. Si deve puntare alla qualità, noi ci proviamo da sempre e in dieci anni abbiamo centuplicato il nostro pubblico. Siamo una compagnia indipendente e nel nostro piccolo abbiamo sempre cercato di lavorare su due fronti, coniugando creatività e impresa, e quindi partecipando a bandi pubblici, bandi Cariplo e tanto altro.

“Thanks for Vaselina” è stato un successo enorme, lo replicate ancora?

Lo spettacolo ha avuto ottimi riscontri, lo stiamo ancora portando in giro e diverrà anche un film. È troppo presto per i dettagli, ma il progetto è passato al ministero (Mibact, ndr), riconosciuto opera di interesse culturale.


di Elena D’Alessandri