Sisde: l’epurazione del 1993 per Di Folco

Torna fuori nel libro di memorie dell’ex agente del Sisde, Carlo Di Folco, “Un italiano come tanti” pubblicato su Amazon Kindle, la mai pienamente approfondita e chiarita “epurazione” all’interno del Sisde nel 1993/94. Al contrario dell’intento, dell’allora Premier Carlo Azeglio Ciampi, che voleva riqualificare il servizio, i vertici e il sotto vertice del Sisde misero in piedi e attuarono questa finta epurazione per tutti altri scopi. Di Folco nei primi anni Novanta era un agente operativo del vecchio Sisde. Un investigatore molto esperto, proveniente dai reparti speciali dei carabinieri (“Tuscania”). E prima di essere chiamato al servizio di sicurezza interno era stato selezionato a pieni voti anche per fare parte del Sismi, ossia il controspionaggio militare.

Ora Di Folco, in questo libro, si toglie più di qualche sassolino dalle scarpe descrivendo inquietanti retroscena di quell’operazione di facciata: cioè fornire capri espiatori all’opinione pubblica per quello che sarebbe di lì a poco successo e, nel contempo, creare l’occasione per alcuni figli di papà “precari” nel servizio di subentrare al loro posto.

Ma quale sarebbe per Di Folco l’inquietante retroscena? Quando c’erano state nel 1992 le stragi di Capaci (23 maggio) e di via D’Amelio (19 luglio) in cui erano stati massacrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, proprio Angelo Finocchiaro era l’Alto commissario per la lotta alla mafia; eppure fu promosso a capo dell’intelligence civile. Secondo Di Folco la questione con Finocchiaro sarebbe in questi termini: “Dopo un po’ che aveva preso incarico al servizio, fonti più che attendibili riferirono che quest’ultimo avrebbe ordinato ai suoi più stretti collaboratori di stilare una lista di un centinaio di agenti da allontanare “indiscriminatamente” e da poter dare in pasto all’opinione pubblica, al fine di far fronte ad una situazione d’emergenza che da lì a breve si sarebbe potuta determinare”.

“Quale situazione?”. Di Folco si risponde così: “... nei primi mesi del 1993 si verificarono gli attentati dinamitardi posti in essere tra Firenze, Milano e Roma, rispettivamente in via dei Georgofili, via Palestro, San Giovanni ed al Velabro... fu solo una coincidenza o qualcuno ebbe poteri di chiaroveggenza?”. O forse una soffiata? Ci fu anche il falso attentato organizzato da un dirigente del Sisde sul treno Siracusa-Torino in quegli stessi giorni a creare ulteriore caos. Per assurdo anche qualcuno dei magistrati che tuttora sta indagando su questa fantomatica trattativa tra Stato e mafia potrebbe essere interessato alle memorie di Di Folco. E magari anche gli storici e coloro che all’epoca della presidenza della Repubblica di Oscar Luigi Scalfaro non si fecero troppe domande sul vero significato della predica a reti unificate di quello stesso novembre 1993, il famoso discorso del “non ci sto”.

L’avvento al Sisde di Finocchiaro, che di Scalfaro era un uomo di fiducia, Di Folco lo ricorda così: “... durante il periodo del suo mandato, trovarono la morte i giudici Falcone e Borsellino. Normalmente - scrive Di Folco - in qualsiasi altro Paese civile, il responsabile di tali insuccessi, perlomeno sarebbe stato relegato nei meandri di qualche ministero, Finocchiaro, invece, incredibilmente, fu nominato, dall’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino, direttore del Sisde...”. Inutile dire che il libro di Carlo Di Folco rischia di riaprire ferite mai rimarginate, come quella sugli epurati del Sisde. Ma soprattutto potrebbe scoprire tanti altarini lasciati per ora ancora sepolti sotto una coltre di ipocrisia chiamata “carità di patria”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:35