Fares e Sala al debutto con “Tea Room”

martedì 13 dicembre 2016


Da giovedì a domenica, quattro serate di presentazione all’interno dello “Spazio del racconto”, un luogo di sperimentazione del Teatro Brancaccino di Roma, per il nuovo spettacolo di Giancarlo Fares, scritto da Raffaella Conte, interpretato da Francesco Sala e intitolato “Tea Room”.

Fares, regista, attore, docente di recitazione, un eccellente curriculum alle spalle, è stato alla Sala Umberto in autunno con “Le Bal”, format francese con il quale si racconta la storia del nostro Paese dall'inizio della Seconda guerra mondiale al crollo delle torri gemelle. Un lungo periodo raccontato attraverso le più belle canzoni italiane che hanno caratterizzato la vita e il costume della società. A febbraio tornerà al Teatro Nino Manfredi di Ostia con “Emigranti”. Francesco Sala lo abbiamo sentito come regista pochi mesi fa per l’esordio al Teatro Quirino del “D’Annunzio segreto”. Li abbiamo incontrati entrambi per sapere di più di questo nuovo spettacolo.

Come nasce e di cosa parla “Tea Room”?

Fares: Il testo è stato scritto da Raffaella Conti, una mia ex allieva. Ho trovato il soggetto interessante e ci ho lavorato per renderlo più visionario rispetto alla stesura originale. Tea Room è la storia di un uomo, Enrico, in crisi di mezza età, che si scopre bisessuale. La narrazione si dispiega anche attraverso le visioni che il personaggio ha a causa della crisi di astinenza dall’alcool. Si tratta di un tema estremamente attuale e non particolarmente “cavalcato”, anche perché nel bene e nel male l’Italia resta sempre un Paese imprigionato dal Cattolicesimo.

Com’è stato interpretare Enrico?

Sala: La cosa più interessante è stata lavorare sul grottesco, far coincidere opposti in modo da creare scintille. Il testo non è mai banale e poggia anche su una importante base onirica, le allucinazioni che il personaggio ha, preda di crisi di astinenza. C’è un immaginario filmico molto forte. Lavorare con Giancarlo è stata un’esperienza estremamente positiva anche perché lui lascia libero l’attore di esprimersi e il lavoro è frutto di una collaborazione creativa. Gli altri attori in scena sono Damiano (Riccardo Averaimo), il gigolò, il mio diavolo tentatore, mia madre Lucia (Lucia Batassa), e mia moglie Eleonora (Sara Valerio, compagna di lavoro e di vita del regista), madre di nostro figlio Gabriele.

La donna è a conoscenza di tutto?

Sala: mia moglie è la vittima di questa storia, relegata unicamente al ruolo di madre. Confesserà alla suocera che “con un’altra donna avrei potuto “combattere”, ma con un uomo?”, argomentazione alla quale mia madre replicherà che si tratta semplicemente di un’altra persona.

Pochi mesi fa l’abbiamo vista alla regia del “D’Annunzio segreto”, com’è stato tornare attore?

Sala: Potremmo considerarlo un ritorno alle origini. Recitare vuol dire “mettersi nei panni” e questo certamente è utile anche per dirigere. Speriamo bene!

Cos’è oggi il teatro?

Fares: si tratta di un ambiente cristallizzato che non ha fiducia nel pubblico. È noioso vedere che non esiste alcuna volontà di uscire dagli schemi. La tradizione è importante, ma basterebbe uno stabile con una programmazione di tradizione drammaturgica e di prosa. Il resto dovrebbe dare spazio al contemporaneo, anche per stare più al passo con i tempi. Come insegnante in Accademie ho ragazzi che lavorano, tanto, e che una volta fuori si ritrovano con cose che non gli servono a niente... E prendono paghe da fame.

La scorsa settimana in occasione della presentazione de “L’anatra all’arancia” (dal 13 dicembre all’Eliseo, ndr), Luca Barbareschi si è scagliato contro le ineguali forme di finanziamento dello Stato, prediligendo una “cultura museale” senza avere alcuna cura per l’innovazione, la sperimentazione. Cosa pensa di tutto questo?

Fares: credo che Barbareschi abbia fatto una importante operazione, quella di investire in cultura. L’Eliseo sarebbe morto, chiuso, come il Valle. Invece ha reinvestito, ha fatto produzione, e ha una eccellente programmazione. Ma viviamo in un periodo in cui mancano i centri di aggregazione culturale. Una Roma che lascia il Valle così è uno scandalo. Certo, l'introduzione del tax credit allo spettacolo dal vivo sarebbe uno strumento fondamentale per attrarre maggiori investimenti.

Qual è il pubblico oggi?

Fares: il pubblico sono tutti. Ma il pubblico è stanco di vedere cose fatte non per loro ma per il narcisismo di chi le fa. Il pubblico ha voglia di empatia. Per quanto riguarda I giovani, come accade per le altre materie, anche per teatro e cinema dovrebbe esserci una formazione nelle scuole, per creare una memoria storica su cui poggiare il nuovo.

Sala: noi siamo stati gli ultimi che hanno avuto la fortuna di conoscere i grandi maestri, ma quello di oggi è un teatro che vuole fare a meno della tradizione senza neanche conoscerla.


di Elena D’Alessandri