“Music for Solaris”,  omaggio a Tarkovskij

Un capolavoro della fantascienza di celluloide celebrato attraverso melodie e immagini. L’evento “Music for Solaris” (Auditorium Parco della Musica, domenica 20 novembre) parte dal film del 1972 di Andrej Tarkovskij - tratto dall’omonimo romanzo di Stanisław Lem - e sarà animato dal compositore Daníel Bjarnason che dirige l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Ben Frost (chitarra elettronica e laptop) e le installazioni di Brian Eno, considerato padre della musica ambient, curate insieme a Nick Robertson. Ce ne parla Fabrizio Grifasi, direttore del Romaeuropa Festival.

Per questo importante appuntamento partiamo dal contesto in cui è inserito?

Romaeuropa, dedicato da 31 anni a danza, musica, teatro e arti digitali, è un festival di creazione contemporanea che presenta tanti artisti, italiani e internazionali. Si svolge in una ventina di spazi all’interno della città, è cominciato il 21 settembre e andrà avanti fino al 3 dicembre.

Una lunga storia, come sta cambiando il Romaeuropa Festival?

Se vuole raccontare il nostro tempo, il festival deve necessariamente anche trasformarsi con esso, quindi da un lato accompagna una serie di artisti a cui è molto legato, per esempio Emma Dante o Romeo Castellucci nel teatro, e nella danza internazionale Akram Khan; dall’altra, ha un’esigenza profonda di cambiare e accogliere. Oltre la metà degli spettacoli di quest’edizione, infatti, sono di ospiti che vengono al Romaeuropa per la prima volta, e questo è un ulteriore elemento molto importante per noi, cioè quello di dare uno spazio, un’opportunità. Altro aspetto fondamentale è che il festival sta in spazi diversi, lavora con strutture molto differenti tra loro, da quelle indipendenti alle istituzionali. In questa trasversalità c’è anche il tentativo di raccontare la complessità di una città come Roma, dove ci sono tante energie e possibilità - non sempre valorizzate - che vanno sostenute.

Da dove viene il progetto “Music for Solaris”?

Da due musicisti, Daníel Bjarnason e Ben Frost, e da due artisti che si sono concentrati sull’aspetto visivo, Brian Eno e Nick Robertson. È un grande omaggio al film, Bjarnason con Frost hanno composto una musica ispirata ad esso, mentre Eno e Robertson ne hanno ripreso alcuni fotogrammi trasformandoli in grandi installazioni che saranno proiettate su un mega-schermo all’interno della Sala Santa Cecilia. Quindi si tratta di un viaggio musicale e per immagini nell’universo di Tarkovskij, ma soprattutto un viaggio che appartiene a loro quattro.

Le parti di film che si vedranno sono quindi delle rielaborazioni?

Esattamente, Eno e Robertson ne hanno scelte alcune per poi manipolarle, trasformandole completamente. Assisteremo ad una specie di processo di “morphing” di alcune scene, che diventeranno installazioni artistiche. Sono immagini molto belle, di grande impatto.

E a proposito della musica?

Bjarnason e Frost lavorano con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ed è la prima volta che si realizza un connubio di questo tipo. Con l’Accademia facciamo tanti progetti; penso sia importante che un’Orchestra così prestigiosa e centrale nella vita musicale italiana abbia anche questo tipo di collaborazioni, con musicisti che vengono da altri mondi e traiettorie.

L’Orchestra avrà dunque un ruolo centrale?

È la vera grande protagonista, la scrittura è per orchestra. In mezzo ad essa ci sarà Frost, con la direzione di Bjarnason. È un appuntamento che tiene assieme una visione del cinema che sposa l’arte contemporanea, al tempo stesso in un lavoro sulla musica del nostro tempo con una grande interpretazione orchestrale.

La partitura in che rapporto è con la colonna sonora utilizzata da Andrej Tarkovskij?

È completamente di un altro tipo: una composizione per archi, con l’elettronica e la chitarra che sono appannaggio di Frost. C’è un forte impatto lirico, che in questo continua nel solco dell’universo sonoro utilizzato da Tarkovskij. E poi ha un potente elemento emotivo, di passione, perché “Solaris” è un film straordinario sull’animo umano, che tocca delle corde profonde di noi stessi, della nostra memoria, del rapporto con i nostri cari. Ecco, le musiche realizzate per l’occasione vanno esattamente in questa direzione.

Quali sono per lei gli elementi che rendono durevole nel tempo - e universale - la sua cinematografia?

Tarkovskij ha avuto una capacità di anticipazione assolutamente unica, in “Solaris” le immagini del pianeta furono girate in un periodo storico in cui le animazioni tramite computer non esistevano, e con mezzi che non avevano nulla a che fare con quelli che attualmente si possono utilizzare nei set cinematografici. Per cui, oltre che un anticipatore, direi un grande visionario, ma anche un artista profondamente legato all’animo umano, e quindi bisognoso e desideroso di non perdere mai la necessità di raccontare la nostra intimità più sensibile, più bella. Le eccezionali immagini dei suoi film sono qualcosa che emoziona, anche quando le ricordiamo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:35