Ligabue: museo al talento padano

Nella splendida Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, è stata inaugurata nella prima settimana di marzo la casa-museo dedicata al grande pittore Antonio Ligabue, alla presenza di molti cittadini del paese e non. Hanno ammirato da vicino uno dei luoghi nei quali ha vissuto il “Toni” o il cosiddetto “Al tedesch”. Il museo è situato in una delle case storiche di Gualtieri (in via Giardino, 27) e più precisamente nella casa del padre di Giuseppe Caleffi (ideatore principale del Museo di Ligabue e noto ristoratore locale), dove l’artista visse per qualche anno nel fienile grazie alla generosità della famiglia Caleffi. All’interno del museo si possono ripercorrere gli itinerari della vita umana e artistica del grande pittore attraverso alcuni oggetti che gli sono appartenuti come documenti personali, la mitica moto di cui il Toni andava molto orgoglioso, la camera da letto, riproduzioni delle sue opere, sculture e quadri autentici.

Il taglio del nastro è avvenuto per mano dell’assessore Livia Bianchi in presenza anche del sindaco Massimiliano Maestri, in quanto l’iniziativa, seppur privata (tanto voluta e realizzata da Caleffi, Sassi, Reverberi, Simonazzi e dal bravo regista brescellese Ezio Aldoni, che è anche l’autore del docu-film “L’uomo, Antonio Ligabue” che prossimamente verrà presentato al Festival di Venezia), gode del patrocinio dell’amministrazione comunale. Il museo è stato inoltre inaugurato sul tema “Ligabue tra purezza ed erotismo”. Il riferimento è alla tanto amata Cesarina, donna verso la quale l’artista padano ha provato un amore puro e presumibilmente eterno, come il grande “Toni”.

Il museo è aperto tutti i giorni dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15 alle 19 (escluso il martedì). Rimane chiuso il mese di agosto, e poi dal 20 dicembre al 28 febbraio. Il circolo Aics “Il Borgo” organizza anche splendide visite guidate nel paese di Gualtieri e nelle zone limitrofe come gite sul fiume Po, camminate, pranzi e cene in osterie tipiche. Nel museo è possibile acquistare gadget e squisiti prodotti della gastronomia locale.

Doveroso un excursus vitae del pittore. Antonio Ligabue nasce a Zurigo il 18 dicembre 1899 da Elisabetta Costa e da padre ignoto e viene registrato anagraficamente come Antonio Costa. Il 18 gennaio 1901 Bonfiglio Laccabue, emigrato in Svizzera dal comune di Gualtieri, sposa Elisabetta e il 10 marzo successivo riconosce il bambino che assume così il nome di Antonio Laccabue. Il pittore però in età adulta cambierà il cognome in Ligabue nel 1942, presumibilmente per l’odio che nutriva verso il padre da lui visto come l’uxoricida della madre Elisabetta, morta tragicamente nel 1913 insieme a tre fratelli in seguito a un’intossicazione alimentare. Nel settembre del 1900 viene affidato agli svizzeri Johannes Valentin Göbel ed Elise Hanselmann che, a causa delle disagiate condizioni economiche e culturali, sono costretti a continui spostamenti: Ligabue rimarrà con i Göbel fino al 1919. Il carattere difficile e le difficoltà di apprendimento lo portano a cambiare scuola: prima a San Gallo, poi a Tablat e infine a Marbach, da dove viene espulso nel maggio del 1915 per cattiva condotta. Si trasferisce quindi con la sua famiglia adottiva a Staad. Tra il gennaio e l’aprile del 1917, in seguito a una violenta crisi nervosa, viene ricoverato per la prima volta in un ospedale psichiatrico a Pfäfers. Nel 1919, su denuncia della Hanselmann, viene espulso dalla Svizzera. Da Chiasso viene condotto a Gualtieri, paese d’origine di Bonfiglio Laccabue ma, non sapendo una parola d’italiano, fugge tentando di rientrare in Svizzera. Riportato al paese, vive grazie all’aiuto dell’Ospizio di mendicità Carri. Nel 1920 gli viene offerto un lavoro agli argini del Po: proprio in quel periodo inizia a dipingere. Nel 1928 incontra Renato Marino Mazzacurati che ne comprende l’arte genuina e gli insegna l’uso dei colori ad olio, guidandolo verso la piena valorizzazione del suo talento. In quegli anni si dedica completamente alla pittura, continuando a vagare senza meta lungo il fiume Po. Nel 1937 viene ricoverato in manicomio a Reggio Emilia per atti di autolesionismo. Nel 1941 lo scultore Andrea Mozzali lo fa dimettere dall’ospedale psichiatrico e lo ospita a casa sua a Guastalla, vicino Reggio Emilia. Durante la guerra fa da interprete alle truppe tedesche. Nel 1945, per aver percosso con una bottiglia un militare tedesco, viene internato in manicomio rimanendovi per tre anni. Dal 1948 diventa sempre più intensa la sua attività pittorica e giornalisti, critici e mercanti d’arte iniziano a interessarsi a lui. Nel 1957 Severo Boschi, firma de “Il Resto del Carlino” e il fotoreporter Aldo Ferrari gli fanno visita a Gualtieri: ne scaturisce un servizio sul quotidiano con immagini tuttora celebri. Nel 1961 viene allestita la sua prima mostra personale alla Galleria “La Barcaccia” di Roma. Subisce un incidente in motocicletta e l’anno successivo viene colpito da paresi. Guastalla gli dedica una grande mostra antologica. Chiede di essere battezzato e cresimato: muore il 27 maggio 1965. Riposa nel cimitero di Gualtieri e sulla sua lapide viene posta la maschera funebre in bronzo realizzata da Mozzali. È denominato Al Matt (il matto) o Al tedesch (il tedesco). Nel 1965, all’indomani della sua morte, gli viene dedicata una retrospettiva nell’ambito della IX Quadriennale di Roma (fonte Wikipedia).

Dal 2014 a Gualtieri (Re) si può ripercorrere la sua vita al museo a lui dedicato, al civico 27 di via Giardino. Per favore, non facciamoci rubare anche Ligabue dai tedeschi!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:35