I volti dell’Italia, i ritratti di Calabrese

martedì 25 marzo 2014


Riccardo Scamarcio, Umberto Veronesi, Simona Ventura e Vittorio Sgarbi. Sono solo alcuni dei volti famosi dell’Italia di oggi che questo artista, che voglio presentarvi, ha ritratto nell’ultimo periodo. Opere che vanno sommate alle tante che ha già prodotto da tempo e che hanno come oggetto la gente comune, persone sconosciute ai più che si potrebbero incontrare per strada.

Claudio Calabrese vive a Merano in Alto Adige e ha pensato e dipinto una “serie” di opere che tutte insieme sono rappresentative del Bel Paese di oggi, dal mondo dello spettacolo (grande protagonista) passando al mondo della cultura e del cinema per approdare alla gente comune. Ha creato contrasti di una forza incredibile. Ha affiancato Scamarcio a Veronesi, la Ventura a Sgarbi piuttosto che a un volto anonimo, creando così una “serie”, che molto probabilmente diverrà mostra, rappresentativa di tutti gli ambiti della società contemporanea italiana, all’interno della quale, come tra i soggetti dei quadri tra di loro, vi sono forti contrasti legati alle diversità di genere, di attività svolte, di carattere, di costume, di fisionomia.

Ha unito un Paese troppo spesso diviso senza seri motivi. Il grande colpo di scena, ma fortemente voluto dall'artista, è stato quello di trascurare l’ambito sociale che più dovrebbe riguardare e toccare tutti noi, ma che oggi è sempre più distante e assente dalla nostra vita: la politica, o meglio ancora “i politici”, che ne sono i protagonisti. In passato ne ha ritratti molti. Calabrese ha però scelto in quest’occasione di non ritrarre politici e le interpretazioni del suo gesto, da buon artista, le lascia al pubblico che non vuole influenzare esprimendo la sue motivazioni. Certamente questo è un gesto forte, sta a significare molto: la politica è assente dalla nostra quotidianità, la politica in Italia è morta, non risponde alle esigenze della nostra vita, è sempre più disprezzata dagli italiani, i politici non meritano di essere dipinti oggi. Queste sono solo alcune delle mie interpretazioni che credo possano indicare, oltre che le ragioni dell’autore, anche il sentimento del popolo italiano ben rappresentato da questa scelta artistico- comunicativa. Così la grande assente, grazie al nostro artista, diviene la vera protagonista della sua serie, una protagonista su cui interrogarsi e la cui assenza diviene un rumore assordante per chi la nota. Sembra quasi si stia parlando di un “grillismo” artistico. Ma non lo è, è molto più.

Pare si tratti proprio di un monito alla politica, quasi una critica costruttiva o addirittura un invito a fare meglio e di più, tornando ad esserci. Nella serie di Calabrese si può dire tranquillamente che la politica c’è pur non essendo “ritratta”; ma quando parliamo di ritratto, invece, intendiamo proprio l’interpretazione del personaggio. Dire che Calabrese è un artista interessante sarebbe riduttivo, considerando in particolare la sua personalità eccentrica. Molti dalle sue parti lo considerano un “Dandy”, persino l’ultimo rimasto. Evidentemente le sue origini austriache e napoletane lo hanno portato al razionale “fotografismo” della realtà che egli esprime con una nota espressionista, osando oltrepassare l’immediatamente visibile. Calabrese è un esploratore, non s’accontenta dell’apparente, benché tutti i suoi personaggi ritratti siano perfettamente riconoscibili. Ciò che a prima vista non è tangibile, lo diventa con il tempo, proprio come nel rapporto con gli uomini.

Farsi ritrarre da Calabrese è come concedersi il lusso della psicoanalisi: il proprio carattere, le note più oscure prendono forma e vengono a galla. Certo, non sempre queste cose fanno piacere, ma in fondo l’arte non è piacere effimero, ma la concretizzazione creativa dell’invisibile. Claudio Calabrese alla tenera età di undici anni, sotto la guida della pittrice e gallerista d’arte Laura Boros compie i suoi primi studi d’arte. A tredici anni inizia a frequentare settimanalmente l’atelier di Peter Fellin, con cui collabora intensamente. A quindici incontra Michael Rasp, allievo di Daniel Spoerry. Studia pittura privatamente nel suo studio per diverso tempo. Accede all’Accademia estiva internazionale di belle arti di Salisburgo per studiare con Gerhard Rühm disegno e collage ad appena quindici anni. A diciannove accede all’Accademia di belle arti di Vienna, ma dopo poco interrompe gli studi per trovare altrove la propria formazione più consona. Da allora è un libero artista con numerose mostre in Italia e all’estero. La prossima speriamo di poterla visitare quanto prima.


di Alessandro Bertoldi